
Michele Emiliano, neo-presidente della Regione Puglia, ha deciso - come annunciato in campagna elettorale - di avocare a sé la delega alla sanità. Una scelta dettata dall’esigenza, per usare le sue parole, di «programmare la grande rivoluzione del sistema sanitario».
«Sulla sanità intendo metterci la faccia (…) non certo per accentrare i poteri, bensì come segno di assunzione di responsabilità nei confronti di tutti i pugliesi che si aspettano un miglioramento concreto». «Il primo disegno di legge che vorrei presentare al consiglio - ha aggiunto - è quello sulla partecipazione: i cittadini devono poter avere voce in capitolo sulle grandi scelte da compiere per legge, specie quando queste hanno un rilevante impatto sull'ambiente o sulle loro vite.».
Proviamo a prendere sul serio queste dichiarazioni e a interpretarne il significato, in attesa di vedere i primi atti concreti del nuovo governo regionale.
Una prima considerazione vale per l’idea di partecipazione che queste dichiarazioni esprimono e che, in parte, è confermata dalla singolare procedura con la quale si è giunti alla designazione degli assessori regionali e all’attribuzione delle relative deleghe. E non si tratta, come pure appare discutibile, della fragilità del criterio della rappresentanza che ha consentito a 500 persone, per fare un esempio, di scegliere Gianni Liviano (persona stimabilissima, mi dicono) assessore, e a 250 di loro di attribuirgli la delega all’Industria turistica e culturale (!). Per questa via resteremmo dentro il dibattito, che impazza sui social e tra gli addetti ai lavori in queste ore, su chi siano queste persone (l’espressione «popolo» mi pare francamente generosa) e quale valore politico può avere la scelta che hanno compiuto.
Si tratta piuttosto, fatto ai miei occhi ben più rilevante, di considerare la partecipazione nel ristretto confine della democrazia rappresentativa e/o deliberativa (Cotturri). Più che una rivoluzione, per dirla con una battuta, c’è da attendersi, ben che vada, «un riformismo ben temperato».
Beninteso, riformare il sistema sanitario regionale sarebbe non solo legittimo, ma persino necessario. Si tratterebbe, in buona parte, di mettere mano a una riforma i cui contenuti sono ormai ben noti, da tempo (ne abbiamo già scritto altrove, anche in questo blog). Primo fra tutti, quello di aprire definitivamente un grande cantiere dell’integrazione sociosanitaria (cit. Candela) attribuendo maggiore centralità al territorio, rilanciando la prevenzione, le cure domiciliari, la lungo-assistenza e le cure primarie.
Obiettivi difficili da raggiungere, anche alla luce degli ultimi tagli al fondo sanitario nazionale, ma forse non impossibili. Fosse questo, però, risparmierei tempo e risorse per un’improbabile sagra della salute e darei immediata attuazione a norme e provvedimenti già in buona parte adottati. L’azione di governo ne guadagnerebbe in efficacia e tempestività.
Temo però, presidente Emiliano, che ciò non sia sufficiente per fare «la rivoluzione». Il cambiamento radicale della sanità pugliese è, prima di tutto, un processo di costruzione sociale. Richiede forme più mature di democrazia, che considerino i cittadini soggetti autonomi e attivi, capaci di assumere su se stessi una parte del cambiamento necessario, piuttosto che delegarlo al taumaturgo di turno. Persone intese come risorse, non solo come pazienti o elettori. Su questa strada ci sarebbe un enorme lavoro da compiere, a costi bassi e grande impatto sociale.
Insomma più che avocare a se la delega, lei dovrebbe - per così dire - cedere alle persone (ai cittadini) potere. Questa si che sarebbe «una grande rivoluzione».
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nicola (martedì, 07 luglio 2015 21:21)
Condivido le tue considerazioni Piero ma considerando gli ultimi atti Dirigenziali in tema di Salute fatti un po' in fretta e furia durante la campagna elettorale , i quali vanno nella direzione opposta a quanto abbiamo sostenuto nei passati dieci anni e che di democrazia partecipata non hanno nulla , sono molto scettico sulle capacità di questa Giunta ( leggere i nomi è inquietante) di poter traghettare la Puglia verso la cessione del potere ai cittadini.