
La voce di Wikipedia riferita a Stato Sociale ci rivela - nella sua semplicità - che la principale finalità di un moderno sistema di welfare è quella di ridurre le diseguaglianze sociali fra i cittadini. Su questo metro si misura l’efficacia delle politiche pubbliche che si propongono di garantire diritti e servizi alle persone.
È il pensiero che ci accompagna nel commento dei dati dell’Istat, gli ultimi disponibili, relativi al 2011 e pubblicati nel 2014, sulla spesa sociale per interventi e servizi sociali dei comuni italiani. Così scopriamo che la spesa media pro-capite per il Nord-Est del Paese è di 159 euro, mentre quella del Mezzogiorno è di appena 50 euro. Meno di un terzo.
Una spesa pubblica in netta picchiata e fortemente squilibrata sul territorio, come osservato dal Censis nel suo appuntamento annuale 'Salvare il sociale'.
Sulla spesa regionale complessiva la Puglia, come accade del resto per gli altri indicatori di carattere macroeconomico, sembra la regione messa meglio tra quelle più deboli, con una spesa pro-capite di 64 euro. È al proprio interno, però, che la Puglia presenta differenze territoriali insostenibili, con la provincia di Foggia, per evidenziare il caso più evidente, che ha la spesa sociale pro-capite pari a circa la metà di quella della provincia di Bari (tabella qui sotto).
I comuni pugliesi delle province di Foggia, Lecce e della BAT si trovano quindi nella situazione di dover investire più e meglio nei servizi sociali territoriali, cercando di colmare il gap con il resto della regione. La programmazione regionale dovrebbe cercare di accompagnare questo processo perequativo, magari utilizzando specifiche misure incentivanti che hanno già mostrato, negli anni passati, di essere strumenti persuasivi nell’orientamento delle scelte delle autonomie locali.
Altrimenti rischiamo di mettere in campo politiche di welfare che contribuiscano a consolidare le differenze territoriali piuttosto che a ridurle, spingendo così il nostro sistema di welfare a fallire nel suo obiettivo principale.
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Cristina (lunedì, 29 giugno 2015 16:32)
Il punto è (soprattutto, a mio avviso): qual è il ruolo della Regione nelle politiche per l'inclusione sociale? Credo che il compito principale del livello regionale sia proprio quello di "accompagnamento", non di sostituzione, di "facilitazione" dei processi di collegamento tra organismi e organizzazioni sociali, di "esplorazione" delle opportunità per supportare le scelte a livello locale. E le amministrazioni comunali sono pronte?