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09. aprile 2013

"Socializzare" la sanità: una riforma a costo zero

Il nostro sistema sanitario è da tempo alle prese con la necessità di governare una complessa fase di cambiamento. Da una parte l’esigenza di recuperare efficacia per fare fronte alle trasformazioni della domanda di salute, dall’altra il contenimento dei costi e l’urgenza di ripensare l’allocazione delle risorse. Transizione sociodemografica, transizione epidemiologica, crescita della domanda, riduzione degli sprechi, tutela dei diritti, scarsezza delle risorse, attese e bisogni delle comunità locali: diventa sempre più complesso districarsi su un terreno così impervio. Per questa ragione, immaginiamo, Elena Gentile avrà accolto l’affidamento della delega alla salute che le ha conferito il Presidente Vendola con una certa dose di riguardoso timore, subito soffocato - anche qui, è abbastanza facile prevederlo, conoscendola un po’ - dalla prorompente voglia di provarci, con il sostegno della propria competenza professionale e, soprattutto, della passione politica che le è riconosciuta anche dagli avversari.

Il sistema sanitario regionale ha dei bisogni urgenti, primo fra tutti quello relativo alla dotazione di personale, ampiamente insufficiente rispetto al fabbisogno. Al tempo stesso ci sono importanti e qualificate esperienze di eccellenza, che andrebbero opportunamente valorizzate, anche sul piano dell’informazione e della comunicazione, perché possano essere conosciute e sostenute. Occorre completare il processo di riorganizzazione della rete ospedaliera e, soprattutto, attribuire maggiore centralità al territorio, rilanciando la prevenzione, le cure domiciliari, la lungo-assistenza, le cure primarie. Tutte sfide che erano già all’attenzione della giunta regionale, in parte già avviate, limitate spesso dai vincoli di bilancio imposti dal piano di rientro, che acquistano adesso rilievo e urgenza, nel passaggio conclusivo di questa esperienza di governo regionale.

Tra tutti c’è un tema, certamente marginale nell’economia delle grandi scelte dell’organizzazione sanitaria, che però comincia a fare capolino nel dibattito regionale e, soprattutto, se perseguito con convinzione, può contribuire a creare un clima nuovo, diverso, tra cittadini e sistema sanitario. Chi ha avuto l’opportunità di vedere la recente trasmissione televisiva Presa Diretta, su Rai Tre, qualche settimana fa, ne avrà potuto apprezzare qualche esperienza concreta. E’ il tema della centralità dell’approccio sociale al sistema sanitario, della "socializzazione" della sanità, se così possiamo dire.

I sistemi sanitari regionali rischiano di affrontare il problema della sostenibilità finanziaria solo dal lato della spesa, sottostimando le opportunità che potrebbero essere colte guardando in positivo alle risorse possedute dal cittadino: conoscenze, capacità, motivazioni, rapporti sociali e tutto ciò che la persona è in grado di mobilitare per procurarsi salute. L’approccio sociale è quello che non si limita a curare il singolo, ma sollecita il ruolo attivo dei cittadini, la responsabilità diffusa, il protagonismo sociale nella costruzione della salute e del benessere. Promuove la diffusione di saperi all’interno dei gruppi informali, la promozione di nuovi stili di vita veicolati da leader naturali (Piva, 2006).

Apprendiamo così che ci sono medici che organizzano passeggiate notturne con i propri pazienti, prima poche decine, poi centinaia, per prevenire le malattie cardiovascolari (succede a Cesena, per iniziativa del Dott. Palazzi e della Asl locale). Oppure chi impegna qualche ora del proprio tempo libero per incontrare i pazienti e le loro famiglie per fare informazione, prevenzione, divulgazione scientifica, in un clima di condivisione e confronto. E’ il tema dell’empowerment del paziente, della famiglia, della comunità locale, che acquista centralità anche nei modelli assistenziali della cronicità (come avviene in Puglia per il progetto Nardino, il Chronic Care Model regionale). C’è persino chi stima in cifre di tutto rilievo il risparmio che, in termini di spesa sanitaria, tale approccio produrrebbe.

Questa prospettiva di lavoro deve però fare i conti con una certa diffidenza di carattere culturale. I servizi sanitari, non solo in Puglia, naturalmente, appaiono tuttora molto chiusi al cambiamento; prevalgono saperi e metodi propri della medicina tradizionale, con la dimensione sociale relegata ai margini. E’ ancora lungo il lavoro per impiantare le pratiche di comunità nel cuore della medicina territoriale, per sostenere e affermare pratiche sanitarie ‘sobrie, rispettose, giuste’ (Slow Medicine).

In Puglia la circostanza che vede unificati sotto la stessa responsabilità politica l’assessorato al welfare e quello alla salute potrebbe rappresentare una felice opportunità per rilanciare questi temi. Si potrebbe sostenere una traccia di lavoro che rimetta al centro i soggetti interessati alla salute, a vantaggio di metodi basati sui gruppi, mutuo aiuto, comunità di pratiche. Investire sulla cittadinanza attiva, sul lavoro di comunità, sul sostegno alle spinte associative presenti nel territorio e interessate alla promozione della salute.

Una piccola riforma, forse, rispetto ai grandi temi dell'organizzazione sanitaria. Certamente un passo in avanti verso una sanità più sostenibile. 

 


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Commenti: 6
  • #1

    Felice Di Lernia (martedì, 09 aprile 2013)

    Ho seguito con attenzione tutta quella puntata di Presa Diretta ed anch'io ho fatto molte delle riflessioni che fai in questo post, utilissimo come sempre.
    Agli esempi che riferisci, mi piace aggiungere quello delle équipe che si recano a casa delle persone anziane per una valutazione dei fattori di rischio di incidente domestico al fine di evitare, ad esempio, cadute, fratture, ricoveri, riabilitazione, cronicizzazione con tutta l'analisi dei costi che questo comporterebbe e del risparmio che consegue a un investimento del tutto irrisorio come quello della visita a domicilio.
    Elena Gentile, nonostante la demagogia imperante intorno a lei, è fuori discussione: la sua competenza e la sua passione sono una garanzia. Non sono fuori discussione, invece, i vertici delle AASSLL pugliesi - penso anche ai Direttori dei Distretti Sociosanitari e non solo alle Direzioni strategiche - che, volendo essere buoni, sono molto meno lungimiranti, meno profetici, molto amministratori di condominio.
    Sarò banale: la salute pugliese (mi riferisco al sistema sanità con le sue articolazioni) è ancora troppo condizionata dai partiti che sanno fare solo becero e bieco campanilismo per difendere l'ospedaletto di turno. Per non parlare dei medici-impiegati che preferiscono il lavoro sotto casa alla opportunità di crescita in una grande struttura.
    Servirebbe una palingenesi culturale ma la congiuntura non è delle migliori.

  • #2

    titti ladalardo (martedì, 09 aprile 2013 07:59)

    Leggo con attenzione tutto quanto e mi trovate assolutamente concorde,il cittadino va messo al centro delle proprie scelte di salute,così come da Ottawa in poi ci viene detto, il tutto sicuramente passa attraverso un approccio partecipativo alla organizzazione dei servizi sanitari che è auspicabile e necessario(in alcuni ambiti). tuttavia, un'analisi del nostro sistema va fatta conoscendolo appieno, gruppi di cammino sono attivi in puglia dal 2010, sicuramente in ritardo rispetto alle altre realtà nazionali, considerate che il progetto venne presentato nel 2007!!!E questo dimostra la lentezza del nostro sistema a rispondere a nuovi stimoli e articolazioni(il nostro personale è abituato ad essere remunerato per qualsiasi attività extra, in altre realtà i gruppi rientrano tra le attività ordinarie, ma questo apre altri discorsi sulla carenza di personale ed altro..). Per quanto riguarda la valutazione dei rischi domestici a casa, Caro Felice, dovresti capire prima come funziona e poi i motivi che hanno indotto praticamente tutte le regioni a non attuarlo, quel progetto è stato attuato in 2-3 realtà nazionali e nemmeno a livello regionale(neanche uno studio pilota è stato possibile effettuare, i motivi sono per lo più medico-legali). Una trasmissione televisiva riporta esclusivamente ciò che vuole mettere in luce,dimenticando tutto il resto. Concordo con la palingenesi culturale non solo della classe medica, ma di tutti gli operatori che a vario titolo compongono il mosaico del sistema sanitario, assurdamente ritengo che l'esperienza del piano di rientro non sia stata del tutto negativa, visto che ha contribuito a far capire che le fonti finanziarie sono in repentina diminuzione e che è importante riorganizzare i servizi, favorire le prese in carico e l'approccio multidisciplinare per evitare dispersione di risorse.

  • #3

    fabrizio cramarossa (martedì, 09 aprile 2013 10:27)

    Ciao Piero, stai davvero "sul pezzo". Sabato 13 Aprile concludo un progetto di lotta allo stigma psichiatrico. Presso il Liceo Scientifico di Mola di Bari, abbiamo unito una classe di 20 ragazzi con 10 nostri utenti. Hanno fatto musica e danze, per tre mesi, ma soprattutto si sono "sentiti", sono stati a contatto. Lo hanno fatto guidati da una danzatrice "negra" e un percussionista barese. Lotta allo stigma sì, ma anche ascolto delle loro vite, delle ansie di adolescenti, della loro idea di futuro. Una possibile vista privilegiata sulle dinamiche familiari, sulle relazioni allargate, sul sociale che bisturizza l'anima e viceversa. Uno squarcio possibile sui segni premonitori di crisi, quando il malessere è ancora giovane come le loro vite. Si chiama prevenzione primaria e i nostri utenti sono stati "i dottori", gli esperti, lo strumento di lavoro. Lo abbiamo fatto con la musica, il divertimento, il sorriso, la leggerezza. Lo abbiamo fatto con due lire e tanta passione civile, prima che socio-sanitaria. Siamo stati "sul pezzo".

  • #4

    Carmela Fanelli (venerdì, 12 aprile 2013 01:56)


    Un modello di integrazione socio-sanitaria, perfettamente funzionante, che ha contribuito in passato a debellare la Tubercolosi era rappresentato dagli ex CPA (Dispensari), dove il medico nella sua attività era supportato dall'assistente sanitaria visitatrice che svolgeva le inchieste epidemiologiche a domicilio del paziente e ne verificava le condizioni socio-economiche per un'assistenza economica oltre che sanitaria da parte dell'INPS, ai fini del raggiungimento della definitiva guarigione del paziente da una malattia cronica a carattere sociale che non è mai scomparsa (anzi è tornata a preoccupare la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità per il suo incremento) e questo per evitarne la diffusione.
    Eppure i Consorzi Provinciali Antitubercolari,con tutto il loro sistema organizzativo, sono stati smantellati e quelle poche realtà ancora presenti nella nostra Regione continuano a funzionare per la volontà di pochi specialisti pneumologi ancora interessati alla malattia.
    Allora come si può parlare di Prevenzione?
    Mi auguro che le istituzioni regionali, ed in particolare l'Assessore Elena Gentile, vogliano prendere in considerazione le varie denunce relative alla chiusura di alcune realtà territoriali come il Dispensario anti-tubercolare di Conversano e Monopoli.
    Spero nei fatti più che nelle parole.

  • #5

    Stella T. (lunedì, 29 aprile 2013 16:14)

    Mi pare un'ottima riflessione. Utile per chi, come me, lavora nei servizi territoriali. Spesso schiacciati sul lavoro quotidiano non abbiamo il tempo per pensarci, ma con il coinvolgimento delle associazioni di volotariato si potrebbero programmare iniziative molto interessanti. Grazie.

  • #6

    marco a. (domenica, 19 maggio 2013 23:35)

    bella riflessione! ne parlerò al prox incontro di martedì che tratterà una esperienza in linea con quanto richiamato:
    Si parte alle ore 16.00 di Martedì 21 Maggio con l’incontro pubblico “La comunità in rete-La prevenzione come stile di vita”, accolto nella sede istituzionale della ASL BR in Via Napoli, 8.
    I lavori aperti dal Direttore Generale Paola Ciannamea, prevedono l’intervento dell’assessore al welfare Elena Gentile, nonché di Graziella Di Bella, Marco Alvisi, Margherita Caroli, Elena Dello Monaco, Stefania Carriero, Penelope Romano e Daniela Agrimi, con la moderazione di Maria Carrozzo ed Antonio Caretto.
    Nella giornata di Giovedì 23 Maggio, presso l’U.O. di Endocrinologia dello S.O. “A. Perrino”, l’atteso OPEN DAY, dalle ore 9 alle 17.00 sarà possibile effettuale un’ecografia tiroidea.
    In questa IV tappa un efficace contributo, all’opera di sensibilizzazione della cittadinanza verso la prevenzione dei disordini da carenza iodica, viene dalla equipe diretta dal Dott. Antonio Caretto.
    Il numero verde reso disponibile dall’ASL BR per la prenotazione è 800553166, attivo dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 13.00 e il giovedì dalle 15.00 alle 17.00.

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