
In questa interessante intervista rilasciata a Emanuele Ranci Ortigosa, per Prospettive Sociali e Sanitarie (http://pss.irsonline.it/), Anna Maria Candela, la dirigente dell’Assessorato al Welfare della Regione Puglia, traccia una sorta di bilancio del lavoro realizzato da questa Regione negli ultimi anni, individuando alcuni parametri sui quali misurare la crescita del sistema regionale dei servizi. La strategia regionale si è qualificata per un importante investimento sul versante dell’offerta, attraverso il sostegno all’infrastrutturazione sociale e sanitaria del territorio, ma anche per un indirizzo programmatorio che ha individuato negli obiettivi di servizio il punto di sviluppo dei sistemi locali di welfare, attraverso il sostegno ai Piani Sociali di Zona.
I dati del sistema informativo sociale regionale (approfondimenti qui e qui) confermano che l’ambito di offerta che ha beneficiato maggiormente dell’iniziativa regionale è stato quello dei servizi per la prima infanzia: tra il 2005 e il 2012 il numero dei posti nido in Puglia è passato da 2.420 a 6.903 . Ma anche negli altri settori, sia pure in modo meno evidente, si registrano importanti evoluzioni.
La recente decisione di estendere il periodo di applicazione degli indirizzi regionali vigenti a tutto il 2013, con il relativo trasferimento delle risorse finanziarie disponibili nel bilancio regionale e la disponibilità delle risorse del Piano di Azione e Coesione, voluto dal Ministro Barca, garantisce la tenuta del sistema almeno per i prossimi 12/18 mesi.
Restano però sullo sfondo i nodi strutturali della fase storica che attraversa il nostro sistema di welfare (non solo quello pugliese): la crescita imponente della domanda e il contenimento progressivo della spesa sociale - complessivamente intesa - sono processi costanti, che si consolideranno nel breve e medio periodo. Pare ormai prevedibile, con relativa evidenza, che il welfare dei prossimi anni sarà significativamente diverso da quello che abbiamo conosciuto fino ad oggi.
Che fare, dunque? Sul piano nazionale la proposta di lavoro dell’Irs di Milano, citata in coda all’intervista, resta il contributo più organico finora disponibile nel dibattito pubblico, accolto purtroppo dall’assordante silenzio della politica nostrana. Sul versante pugliese Anna Maria richiama la necessità di una convinta azione di orientamento della domanda di servizi, nelle politiche per le famiglie, delle persone non autosufficienti, delle persone disabili, nei servizi per la prima infanzia. Annuncia l’imminente avvio di un intervento straordinario per il sostegno alla domanda, attraverso l’immissione nel sistema regionale dei cosiddetti buoni servizi di conciliazione per le famiglie. Una misura destinata - con ogni probabilità - a modificare in modo importante le pratiche amministrative dei nostri enti locali e i comportamenti delle famiglie e degli utenti nella fruizione dei servizi. Per certi aspetti si tratta della naturale conseguenza dell’investimento infrastrutturale di questi anni. Nondimeno, siamo di fronte una sfida politica e tecnica di non poco conto, il cui esito finale, in ogni caso, dipenderà dalla disponibilità complessiva di risorse destinate al welfare.
La prima partita da giocare, dunque, è quella delle risorse finanziarie. Della costruzione di un sistema di tutele e diritti garantito, voluto e sostenuto dalle persone, dai cittadini, prima che dalle loro rappresentanze politiche. Ma non è l’unica.
Ho riletto di recente un importante saggio di Zygmunt Bauman, che consiglio vivamente al lettore affezionato di queste pagine. Ha un titolo molto bello: Sono forse io il custode di mio fratello? Il sociologo polacco afferma che le ragioni profonde della crisi del welfare state in Europa vanno ricercate nella crisi delle basi morali delle nostre società, nella frantumazione del legami sociali che furono alla radice del patto sociale da cui nacque la più grande invenzione politica del secolo scorso, il welfare, appunto.
Se questo è vero, allora possiamo affermare che c’è anche un altro grande serbatoio di risorse che può essere attivato, un patrimonio che pure abbiamo frequentato poco in questi anni in Puglia. E’ il tema dell’innovazione sociale, del welfare generativo, dell’economia sociale, della sussidiarietà, del capitale sociale, delle fondazioni di comunità, che interroga criticamente i comportamenti individuali di ciascuno di noi e misura in modo inesorabile quelli collettivi, sui valori dell’etica, della sobrietà, della sostenibilità. E’ lo spazio offerto alle comunità che assumono la responsabilità diretta del proprio futuro, che rispondono alla crisi economica con la critica al modello di sviluppo imperante, riscoprendo il valore della relazione, lo statuto dell’appartenenza, delle pratiche collaborative, del bene comune.
Abbiamo la ragionevole convinzione che il 2013 sarà un anno importante per il futuro del welfare pugliese. C’è un grande cantiere da mettere in piedi, un cantiere ampio, partecipato, collettivo, plurale. Il cantiere del welfare che verrà.
Questa riflessione è dedicata a Dino.
Ci manchi assai, amico mio.
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Damiano Maggio (sabato, 24 novembre 2012 09:12)
Forza allora, tutti al lavoro.
...ci manca ogni giorno di più.
Anna Maria Candela (sabato, 24 novembre 2012 09:42)
Penso che il vero cantiere, questo però nazionale, anche se la Puglia può avere molto da dire, sarà nel 2013 la scrittura di una pagina normativa nuova a 10-15 anni dalle riforme (monche) di welfare e sanità: il superamento del D.Lgs. 229/1999 e della l.n. 328/2000 per arrivare una volta per tutte all'integrazione dei progetti di cura per le persone e per le famiglie, e per disgelare una volta per tutte la vera portata dell'integrazione sociosanitaria.
Grazie Piero...
Daniele Ferrocino (sabato, 24 novembre 2012 17:23)
Ma quale forza POLITICA è realmente interessata, oggi, a scrivere una pagina nuova nei nostri sistemi di welfare e sanità? Non possiamo nascondere il fatto che in Italia, destra e sinistra INSIEME, si sono affrettate ad introdurre in Costituzione l'obbligo del pareggio di bilancio e, in nome di tale principio appena introdotto, fanno a gara a chi distrugge prima il dettato dell'art. 3 della Costituzione stessa (è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli ...).
Se non creiamo noi cittadini forme POLITICHE nuove, se non inventiamo forme nuove per dare voce a chi non ha mai avuto voce, se non creiamo strumenti nuovi in cui possano finalmente contare tutti quelli che non hanno mai contato nulla, se non riportiamo la democrazia nelle mani di chi veramente la legittima e le da il nome (il demos, ossia il popolo ) ... Temo continueremo a fare sempre riforme monche, parziali, instabili, destinate ad essere fagocitate dalla prossima crisi che il nostro sistema socio-economico ci propinerà.