pierodargento.net
  • Home
  • Chi è Piero
  • Archivio blog
  • Contatti
23. ottobre 2012

Sussidiarietà: la cassetta degli attrezzi

A oltre un decennio dall’introduzione del principio di sussidiarietà nella carta costituzionale la prassi dei rapporti tra pubblica amministrazione e cittadini, nelle forme organizzate della società civile, stenta ad affrancarsi dal modello tradizionale del ‘paradigma bipolare’, lo schema classico dell’azione amministrativa che considera gli enti pubblici quali unici soggetti legittimati all’esercizio della funzione pubblica (Arena, 2006). Tale schema, che permea di se gran parte del nostro ordinamento, tende a relegare i cittadini al rango di utenti, clienti, destinatari passivi dell’attività amministrativa, limitando significativamente il pieno sviluppo delle potenzialità innovative del principio costituzionale e, aspetto nient’affatto secondario, la sperimentazione di forme più mature della nostra democrazia. 

 

Anche le Regioni italiane che hanno legiferato in materia di sussidiarietà, approvando delle norme di attuazione dell’art. 118 della Costituzione - l’Umbria, la Campania e, da ultima, la Calabria - non hanno compiutamente affrontato la questione, rinviando implicitamente alla prassi amministrativa ordinaria, che sconta un grande ritardo culturale in questa materia. Va ricordato a tal proposito che le limitate competenze delle Regioni in materia di ordinamento amministrativo certamente non consentono grandi margini di manovra all’azione legislativa regionale, ma qualcosa in più può essere sicuramente fatto.

 

E’ possibile, ad esempio, definire più compiutamente l’ambito di applicazione degli accordi procedimentali, previsti dall’art. 11 della legge 241/1990, nelle materie e per le attività escluse dall’ambito dell’azione imprenditoriale, richiamando il principio della consensualità introdotto da quella norma nel nostro ordinamento. Si tratta di procedimenti innovativi (anche se la legge 241 ha ormai più di vent’anni!) che non vanno confusi con le procedure di affidamento ed esternalizzazione, modalità procedimentali più tipiche e comuni che, come è stato detto, nulla hanno a che vedere con il principio di sussidiarietà. (Per approfondire qui un paper di Paolo Pozzani sugli accordi procedimentali pubblicato da Labsus).

 

I rischi, che taluni paventano, di un uso improprio di tali strumenti giuridici, possono essere attenuati orientandone l’utilizzo nell’ambito di specifici programmi finalizzati alla promozione della cittadinanza attiva, cioè a quella tipologia di attività e intervento in cui, più compiutamente, enti pubblici e soggetti non profit concorrono, ciascuno con l’apporto di risorse proprie, al perseguimento di obiettivi di utilità sociale.


L’auspicio di una nuova stagione di protagonismo dei cittadini attivi, che vorremmo imminente, potrebbe trovare giovamento da un rinnovato interesse per gli strumenti giuridici che consentono di dare concretezza all’esercizio plurale della funzione pubblica. Come afferma Franco Dalla Mura nell’intervista che pubblichiamo qui sotto, ci vorrebbe un po’ di coraggio, di voglia di sperimentare, da parte dei funzionari delle pubbliche amministrazioni. Insomma un nuovo protagonismo, anche da parte loro.

 

Intervista a Franco Dalla Mura - Parte prima

Intervista a Franco Dalla Mura - Parte seconda

Intervista a Franco Dalla Mura - Parte terza

tagPlaceholderTag: 2012, welfare

Scrivi commento

Commenti: 3
  • #1

    Angelo L. (martedì, 23 ottobre 2012 23:08)

    Segnalo un Master in “Federalismo fiscale e sussidiarietà” all'Università La Sapienza di Roma

    link info: http://www.labsus.org/index.php?option=com_content&view=article&id=3676&Itemid=41

  • #2

    Paolo Pozzani (mercoledì, 31 ottobre 2012 00:13)

    Grazie, in primo luogo, per il rinvio al mio articolo su Labsus. E grazie per quest'intervista al prof. Dalla Mura, che si conferma stimolante e convinto "militante della sussidiarietà" come sempre. Sembra di capire che non gli manchi qualche buon motivo di essere contento di qualche bella novità a livello regionale, ma non sfugge - a chi lo ascolti - l'ombra di amarezza per i reiterati richiami alla necessità di decidersi a sperimentare sul campo la sussidiarietà, e che a farlo debbano essere soprattutto i funzionari pubblici. Lo sono anch'io, funzionario pubblico, ed anch'io conosco la difficoltà quotidiana di superare le proprie pigrizie intellettuali, e di farne convinti poi gli amministratori (di ogni colore). Ma la pur vera resistenza del livello politico non deve essere pretesto per scusare le reali difficoltà di aggiornamento professionale dei quadri amministrativi e dirigenziali. E' vero: la sussidiarietà ha assoluto bisogno di strumenti tecnico-amministrativi efficaci, praticabili, legali, resistenti agli attacchi e vittoriosi davanti ai TAR. E nel contempo ha bisogno di passione, che non esiterei a definire politica: la passione dei cittadini (anche dei cittadini-funzionari!) per la buona condotta della cosa pubblica. Se questa non c'è, invano la cercheremmo tra gli strumentari del diritto: l'art. 11 della legge 241 - a cui tengo molto - diventerebbe furbo aggiramento dell'appalto, non la sua alternativa. Non mancano sentenze della giustizia amministrativa che denunciano proprio questo. Quindi combattiamo la retorica della sussidiarietà non meno che la tradizionalistica prassi dell'appalto come paradigma costante ed unico del rapporto tra PA e privati nel campo dei servizi. E' un paradigma estremamente radicato ed influente, questo, e nel contempo non è nemmeno da condannare in sè come un male: meglio un Codice dei contratti -per quanto ormai giornalmente rattoppato - che la frammentaria anarchia precedente. Ci saranno sempre buone ragioni per appaltare un servizio, e per farlo bene. Quello che dobbiamo chiederci è cosa fare della ricchezza reale - di mezzi, di persone, di conoscenza - che è fuori dai confini dei municipi e degli uffici pubblici. In tempi di straripante crisi come gli attuali, dovrebbe ben essere un tema da privilegiare! Se non altro per compensare la miseria delle finanze pubbliche... Nelle parole di Dalla Mura tutte queste cose sono contenute per via diretta o in nuce, ed è qui che la questione diventa "politica" in senso lato eppure eminente: come si può altrimenti anche solo ipotizzare che un procedimento amministrativo sia di evidenza pubblica, e quindi trasparente, senza per questo essere necessariamente concorrenziale, ossia una gara sotto l'egida del "mors tua vita mea"? Ipotizzare che i buoni contributi di un soggetto non siano necessariamente preclusivi dei buoni contributi di un altro? Ma anzi sommarsi a questi ed insieme plasmare un apporto più forte e più difendibile perfino sotto il profilo della tecnica amministrativa e della legalità procedurale? C'è bisogno di una sapienza amministrativa, anche e prima di tutto da parte dei funzionari, e c'è bisogno che questa sapienza si nutra di passione per una strada nuova. Dalla Mura non lo dice, nella sua intervista, ma l'ha bene in mente quando parla della versione della sussidiarietà come puro limite liberale posto all'azione dello Stato, come difesa di un ambito privato di libertà anti-statale: e si tratta dell'esperienza lombarda. Comunque la si pensi, ecco un caso quasi puro, certo coerente, di come si può intendere la sussidiarietà. Se non piace, non sarà una retorica in senso contrario a convincere, bensì lo studio e l'affinamento della tecnica amministrativa sussidiaria come tecnica della sinergia pubblico-privato per gestire la res publica, per moltiplicare le utilità sociali, dando ai principi costituzionali ed europei della trasparenza e della non discriminazione un significato profondamente "liberale" ed altrettanto certamente non "liberista". Grazie per l'ospitalità e complimenti per l'ottimo sito: tornerò a visitarlo spesso. Buon lavoro.
    Paolo Pozzani

  • #3

    Piero D'Argento (lunedì, 05 novembre 2012 11:29)

    Gent.mo Paolo, grazie per questo commento che qualifica ulteriormente la riflessione sulla sussidiarietà che ho voluto proporre con il post. Condivido praticamente tutto quello che ha scritto, compreso il riferimento ultimo alla necessità di di studiare e affinare opportuni strumenti e procedure 'sussidiarie'. Al tempo stesso credo che la razionalità tecnica e amministrativa sia una condizione necessaria ma non sufficiente ... il cambiamento è profondo, tocca la natura stessa del rapporto stato-cittadini, in qualche modo la forma stessa della nostra democrazia. Passione politica, appunto.
    Spero di avere altre occasioni di confronto con lei, le chiederei per questo di poter avere il suo indirizzo di posta elettronica, che può inviarmi utilizzando la sezione contatti che trova a destra in home page. Grazie e buon lavoro.

Iscriviti alla newsletter


Il blog di Felice Di Lernia


Il blog di Stefania LIverini


Informazioni legali | Privacy | Informativa sui cookie | Sitemap
Uscita | modifica
  • Home
  • Chi è Piero
  • Archivio blog
  • Contatti
  • Torna su