
A commento del post del 17 settembre scorso Guido Memo mi ha inviato un lungo testo che pubblico qui sotto integralmente (o quasi, mi sono permesso di tagliare alcuni passaggi per facilitarne la lettura).
Carissimi, (...) un po’ in ritardo rispetto all’ultimo intervento di Daniele che è del 18 del mese scorso, dico velocemente la mia sull’Autunno (triste) delle politiche sociali. Non ho mai pensato che Monti di sua iniziativa avrebbe ribaltato la situazione di tagli al welfare fatti da Tremonti: quando a dicembre scorso ci vedemmo per un incontro all’Università di Bari nell’ambito del progetto che ha portato alla pubblicazione di Politiche sociali nella crisi. Il caso Puglia, ricordo che Piero intervenne sottolineando che uno dei primi comunicati del governo lasciava delle speranze di cose buone. Naturalmente presi in considerazione quel che lui diceva (...) ma confesso che mi parve alquanto ottimista.
Per fare cose diverse da Tremonti ci vuole una nuova politica, ma un governo dei tecnici è la ratifica del perdurare della crisi della politica democratica, oltretutto quelle politiche non venivano da Tremonti ma dall’Europa, un’UE che attraverso la lettera di Trichet e Draghi (lo stesso Draghi che pochi mesi prima nelle ultime considerazioni da Governatore della Banca d’Italia aveva invece parlato di tagli lineari indiscriminati di Tremonti e in altra occasione di macelleria sociale) chiedeva di inasprire i provvedimenti già presi da Tremonti e auspicati dal ministro Sacconi, come l’attacco all’art. 18 dopo gli accordi separati con Cisl e Uil. Del resto Draghi ha qualche mese fa parlato di insostenibilità del modello sociale europeo.
Monti/Fornero hanno fatto quel che gli chiedeva quella lettera della Bce: hanno abolito d’un botto gli scalini nell’innalzamento dell’età pensionabile e ne hanno alzato il limite, in nome dei giovani dissero, ma con il brillante risultato che è aumentata, ovviamente, come ci dice l’Istat, l’età media degli occupati e simmetricamente la disoccupazione giovanile.
Di patrimoniale non se ne è vista l’ombra, se non con l’Imu in un paese dove siamo stati costretti quasi tutti ad acquistare casa nella mancanza totale di edilizia pubblica (o di enti non profit come nei Paesi Bassi proprietari di un rilevante patrimonio abitativo). Così quel che auspica anche il Vicepresidente dell’Associazione Casse di Risparmio Italiane, un’associazione non propriamente rivoluzionaria, non è stato neppure lontanamente attuato (il ragionamento di Miglio è: gli italiani, cosa vera, sono tra i più ricchi al mondo per ricchezza privata –più che in Usa, Gb, Germania, Francia- il 50% di questa ricchezza è in mano al 10% degli italiani, se leviamo loro il 10%, il 2% per 5 anni, di questo 50%, circa 450 miliardi di euro, riportiamo il nostro debito pubblico nell’ordine di quelli degli altri paesi UE “virtuosi”. (Qui l'intervista a Miglio).
La politica dà gli indirizzi, la tecnica applica, un governo dei tecnici applica gli indirizzi politicamente dominanti, cioè quelli di carattere neoliberista, di concorrenza tra gli Stati e le rispettive economie nazionali, invece che di solidarietà e gestione unitaria delle politiche economiche. La vicenda dei debiti sovrani è in parte una balla, Spagna, Portogallo e Irlanda avevano prima della crisi un debito pubblico di gran lunga inferiore a quello della Germania, solo che in un’area monetaria e di mercato unico senza regole (la Bce è impotente) e in assenza di politiche economiche che aiutino i paesi in partenza economicamente più deboli (non da oggi per una cattiva gestione del debito pubblico, ma strutturalmente e storicamente; non a caso siamo noi, gli spagnoli, i portoghesi e i greci ad essere emigrati in Germania nel passato, non viceversa) finiscono per avvantaggiarsi i Paesi più forti e con economie più efficienti.
(...) Che i tecnici non abbiano in mente un rinnovamento del ruolo regolatore e di politica economica dello Stato è testimoniato anche dalla totale sordità a far leva in qualche maniera su partecipazione sociale e corresponsabilità, mobilitazione sociale, da come si sono comportati con i sindacati al taglio delle pur timide forme consultive ottenute dal TS in questi anni, dall’agenzia per le Onlus ai vari osservatori. Se non cambiano le politiche di austerità a livello europeo, se non si imbocca una ripresa economica imperniata su un’economia sostenibile e che punti ad una più alta qualità sociale (che è fatta essenzialmente di relazioni e qualità umane, non su ulteriori scatole di latta con ruote, essendo tra l’altro noi italiani già quelli che ne hanno più al mondo dopo gli Usa), anche per una vita un po’ più felice come dice Daniele Ferrocino, non credo si possa uscire dalla crisi, anche quella del welfare. (continua)
Qui è disponibile l'intervento integrale di Guido Memo
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Guido (mercoledì, 10 ottobre 2012 13:56)
Se il lettore ha pazienza, ma il tempo non ci manca che la crisi e "l'autunno triste delle politiche sociali" non sembra avere una primavera alle porte, consiglio di leggere l'intervento integrale, perché lì c'è una, mia, risposta al Che fare? che si ponevano gli Emanueli e di fatto altri che avevano commentato il pezzo di Piero.
Mi scuso per la lunghezza, ma nello scrivere mi è venuto così.
Piero (giovedì, 11 ottobre 2012 22:11)
“Cresce il welfare, cresce l’Italia”: le organizzazioni sociali e del sociale non ci stanno e scendono in piazza
Appuntamento a Roma mercoledì 31 ottobre
http://www.fishonlus.it/2012/10/09/cresce-il-welfare-cresce-litalia-mobilitazione/